Lunga Notte – Finale

Siamo arrivati al finale di questo racconto. Spero vi sia piaciuto leggerlo come a me è piaciuto scriverlo, e che vi abbia dato almeno un pizzico di curiosità sull’ambientazione del Mondo di Tenebra! Spero che vorrete lasciare qualche commento e giudizio: sono fondamentali per poter migliorare… e chissà, magari preparare il prossimo racconto!
Qui potete trovare il precedente capitolo se ve lo siete perso!

L’Ora della Verità

Nessuno è presente ad accogliere Yulia. Il salone d’ingresso è deserto, ma ciò che attira immediatamente l’attenzione della ragazza è l’odore rivoltante che ammorba gli interni.

“Gabriel! Sono arrivata! Finiamola con questa sceneggiata!”

La sua voce risuona nelle stupende quanto vuote sale della villa, più disperata di quanto lei avrebbe voluto. La solitudine inizia ad artigliare il suo cuore, ed ogni passo è una sofferenza. Un fazzoletto viene portato al volto, nel futile tentativo di sopportare meglio l’odore disgustoso.
Finchè i suoi passi non la conducono nella direzione giusta, ed al contempo sbagliata: seduto sulla poltrona di un piccolo salotto, un uomo le dà le spalle.
Ma non è Gabriel, e da quanto ricorda della sua foto, Yulia è certa che non sia nemmeno il troppo giovane Alan.
Incerta, la ragazza fa per avvicinarsi. E lì, il pungente odore finalmente si disvela.

“Mister?”

Sangue.
La bocca dell’uomo è spalancata in un grido di muto orrore, mentre la sua gola è stata dilaniata come a morsi, ed il liquido cremisi è colato copiosamente su tutta la poltrona. Ciò che rimane del cadavere non ha incontrato una sorte diversa: i segni dei morsi sono evidenti.

“Oh mio Dio…”

Vinta dalla nausea, Yulia si allontana, prima di rendersi conto che le stanze vicine sono decorate in modi ugualmente macabri: cadaveri di uomini e donne, parzialmente divorati e lasciati a marcire.
Ed il sangue è ovunque, nero su bianco, il peccato che intacca l’innocenza ormai perduta.

Il primo pensiero di Yulia è la fuga. Ancora una volta, più disperata che mai.
Poi, i ricordi corrono ai genitori di Alan ed alla promessa ottenuta da quegli sguardi carichi di tale, disperata fiducia.

“Gliel’ho promesso… e se fosse ancora vivo? E se…?”

Passi, alle sue spalle, interrompono il flusso dei pensieri.

“Chi va là?!”

Un ragazzo fa il suo ingresso nel salotto. Tiene il capo chino, coperto da abiti larghi e pesanti.

“Questo dovrei chiederlo io, miss… visto che vi trovate a casa mia”

Eppure, quel ragazzo non è Gabriel, lei ne è certa. Quella voce roca, che ostenta una sicurezza che in realtà non ha… no, non può essere lui.

“Mi ha chiamata qui il vero padrone di casa! Gabriel T…”

A quel nome, il ragazzo scatta. Con velocità impossibile e forza sovrumana, la solleva per il collo e la scaglia contro la parete più lontana, come se fosse un fuscello.
Il dolore del colpo è terribile, ma il ragazzo non le dà nemmeno il tempo di realizzarlo, che le è già addosso. Il fiato ha lo stesso, insopportabile odore dei cadaveri che affollano quest’incubo.

“E’ lui che mi ha fatto questo! E’ lui il mostro, capisci?! Non io!”

Anche se stordita, l’investigatrice inizia a mettere insieme alcuni pezzi. La frase, incrinata da lacrime imminenti, sembra più volta a convincere l’aggressore che non lei.

“Io… non ti conosco… cerco solo Alan… ti prego…”

“Non nominarlo! Alan Potarov è morto!”

Quella risposta la ferisce enormemente più del pugno che quasi le spezza la mascella. Le lacrime iniziano a cadere dal volto di entrambi, vittime dello stesso carnefice.

“Alan… lo ha ucciso Taylor… lo ha ucciso lui”

Solo ora, l’uomo solleva il capo e scosta i pesanti abiti.
E ciò che Yulia vede, la accompagnerà per sempre.

Dinanzi a lei sta un essere orrendamente deforme, solo vagamente umano. La pelle è raggrinzita e pallida, i muscoli sono talmente tirati da fare quasi vedere le ossa. Ma ciò che più la colpisce è il volto. Perchè, nonostante il naso sia divenuto un rigonfiamento con due fessure asimmetriche, la ragazza riesce ancora a distinguere dei lineamenti giovanili già intravisti in una foto tenuta tra le mani di una madre disperata.

“Alan?”

“Ti ho detto di non nominarlo! Alan è morto! Morto!”

Il calcio le mozza il fiato, e la bocca si impregna di sangue. Disperata, Yulia cerca di rialzarsi, ma viene nuovamente sollevata e costretta a fissare quel volto.
Quell’orribile, distorto, mostruoso volto di un bambino abbandonato tra le fauci del vero mostro dagli splendidi occhi grigi.

“E morti sono tutti quelli che vengono a cercarlo… Mamma e papà non devono vedermi così, non devono… preferisco la morte a questo!
Non so chi tu sia… e non m’importa… ho solo fame… tanta fame…
Perdonami…”

La sensazione della carne dilaniata dai denti è orribile. Yulia grida, di dolore e disperazione.
Ma questa volta, non riecheggia a vuoto.

“Lasciala!”

La spranga di ferro si abbatte sul collo di Alan, ed entrambi scricchiolano con un suono inquietante. Il ragazzo crolla a terra, e con lui la sua scampata vittima, gli occhi ancora dilatati dal panico.
Una mano si apre per lei, per aiutarla a rialzarsi. E Jane, malgrado tutto, le sorride.

“Certo che solo tu sai trovarti in questi casini, eh Boss?”

“Come…?”

“Un sms. Un indirizzo ed il tuo nome. Non mi serviva altro”

“Io non ti ho scritto nulla.
Oddio… è stato lui… Jane, vattene!”

Alle loro spalle, un applauso di scherno e di divertimento. Sempre teatrale, Gabriel Taylor fa infine la sua ultima, definitiva comparsa.
E quando il regista si presenta sul palcoscenico, il sipario sta per calare.

E venne l’Alba

All’adrenalina che sostiene la sanità mentale di Jane non serve altro. Con un grido, la donna si avventa sull’uomo con una furia che solo la più nera disperazione può dettare.
Un uomo che, per tutta risposta, si limita a fissarla con i suoi profondi occhi grigi.

“No, tu non oserai”

Il crollo è immediato. Jane cade in ginocchio, incapace anche solo di sostenere lo sguardo di un uomo che, incurante, la supera: la rosa che davvero ha atteso per tutta la notte è lì, e deve solo essere colta.
Una mano si allunga nella direzione di Yulia: non per aiutarla, ma per coglierla, e stringerla tra le sue mani.
Lei ne ricambia lo sguardo, ma non la sua forza.

“Tu sei un mostro… sei solo un folle mostro…”

E per tutta risposta, lui sorride. Un sorriso predatore, con quei lunghi, affilati canini che Yulia ha tanto imparato a odiare.

“E’ così, mio dolce ed amaro fiore. Questa è la mia lezione.
Siamo mostri, non più uomini. Nostra è la notte e nostro è il sangue dei figli di Dio. Noi siamo vampiri.
E non esiste maschera capace di nascondere ciò… figlia mia”

E’ il loro primo appuntamento. Yulia è splendida, con quel sorriso carico di speranza ed amore. Lui ne è rapito, lo è stato fin dal primo sguardo.
La vuole, e l’avrà.
Yulia si è ripromessa di non finire a letto con Gabriel al termine del primo appuntamento, ma non è riuscita a resistere a quegli occhi. Nessun uomo o donna c’è mai riuscito, ma lei non può saperlo. Non ancora.

“Mi ami, Yulia?”

“Sì, Gabriel. Ti amo”

“Allora, Yulia, io ti faccio dono dell’eternità”

E mentre i canini penetrano nel suo dolce collo, il grido della ragazza si perde nelle tenebre.

“Non chiamarmi così! Tu non sei mio padre!”

Ma le lacrime sul suo volto conoscono la verità.

“Yulia… io sono il tuo Sire. Ti ho resa ciò che sei ora. E pertanto, è mio dovere istruirti.
Sei stata refrattaria alle lezioni tradizionali. Pertanto, ho dovuto fare ricorso a misure più estreme”

Lo sguardo di entrambi cade sul ragazzo che fu Alan Potarov. La voce di Gabriel si tinge di vago rammarico, l’eco di un’umanità che si è perduta nello scorrere di troppe notti.

“Quando un vampiro crea la sua progenie può avere il cuore colmo di desiderio, come è stato con te, mio dolce e amaro fiore. Come novelli Adamo, desideriamo una compagna per trascorrere l’eternità nel nostro oscuro Eden.
E’ poi così sbagliato?
Oppure possiamo essere carichi di odio. Ed allora, esso sfigura la nostra vittima, facendo fuoriuscire sul volto la Bestia che è dentro di noi.
Tu dovevi vedere con i tuoi occhi il mostro che hai dentro di te, mio dolce ed amaro fiore. Ed ora guardalo, sul volto di colui che più di chiunque altro ti è stato simile, in vita ed ora in morte.
Alan Potarov”

La ragazza appoggia una mano sul volto aberrante del giovane vampiro. Vorrebbe consolarlo, vorrebbe dirgli che presto sarà tutto finito.
Ma sarebbe solo l’ennesima menzogna.

“Non importa quanto tu voglia fingere, mio dolce ed amaro fiore. La sete ti porterà sempre a cacciare gli uomini. E notte dopo notte, essi ti sembreranno sempre meno uomini e sempre più bestiame.
I secoli scivoleranno sul tuo bellissimo volto, senza intaccarlo. Ma intaccherà tutto ciò che ti circonda: tutto cambierà, mentre tu rimarrai sempre uguale. Finchè dal mondo dei vivi non ti sentirai un’estranea.
Forse ci vorrà più tempo di quanto ne impiegai io… ma alla fine, anche tu comprenderai che non possiamo più essere umani.
Ascolta la lezione che ho fatto di Alan e risparmiati questa mascherata. La Yulia che fuggiva dinanzi ad ogni pericolo è morta.
Non sei più una preda. Sei una predatrice”

E a quelle ultime parole, perfino Gabriel Taylor si lascia sfuggire un sospiro. Dinanzi agli occhi atterriti di Yulia, il vampiro recupera un’elegante pistola.

“Ed è ora di dimostrarlo”

La pistola cade ai piedi di Yulia. Lo sguardo della vampira si carica di orrore, mentre la consapevolezza lentamente si fa strada in lei.

“Come sai, l’esistenza della nostra razza è segreta dalla notte dei tempi. Noi la chiamiamo Masquerade: un lupo che vive tra le pecore non può permettersi che esse sappiano di lui.
Purtroppo, questa notte una pecora ha ascoltato più di quanto le dovrebbe essere permesso”

Lo sguardo di Gabriel cade su Jane, ancora sopraffatta dalla sovrannaturale presenza del vampiro.
Poi torna su Yulia, e sulla pistola che ancora giace inerme.

“E’ stata una lunga notte, mio dolce e amaro fiore. Ma infine, sta per giungere l’alba, e con lei il sole che a noi porta la Morte Ultima. Non abbiamo molto tempo. Ma per fortuna, la mia lezione è giunta al termine.
Dobbiamo solo verificare quanto tu abbia appreso.
La pistola è lì. Ha un solo colpo.
Potresti uccidere Jane, e salvare il segreto della nostra razza e, con esso, la tua vita.
Oppure, potresti uccidere me, ed essere libera di insistere nella tua vita di menzogne, ben sapendo che, prima o poi, la tua natura ti reclamerà.
Oppure… potresti fuggire, ancora una volta. Un colpo alla testa, mio dolce ed amaro fiore, e avresti smesso di soffrire”

Lentamente, Yulia afferra la pistola. Il suo sguardo incontra quello di Jane, di Alan e, infine, di Gabriel, che le annuisce.

“Sii libera, amore mio”

All’alba, lo sparo riecheggia.

Fine

Luca Tirelli
Gruppo letterario Camarilla Italia