Diari di game design – Gilbert Gallo

Bentornati sulle pagine di questo blog, per una nuova puntata dei diari del game designer. Di cosa si tratta? Principalmente di una lunga chiacchierata con un autore di giochi di ruolo per mettere a nudo i processi e le idee che portano una semplice idea a divenire un gioco fatto, finito e pubblicato.

Questa rubrica ha un obiettivo principale: dare risalto ai tantissimi autori che abbiamo in Italia e che, ognuno a suo modo, contribuiscono a mantenere il mercato del gioco di ruolo vitale e in continuo sviluppo.

In questi diari troverete idee e teorie, ma principalmente discorsi concreti: e tramite le parole dell’autore stesso, capiremo cosa spinge alla creazione di un gioco, quali processi creativi, e sopratutto, il personale modo che ognuno avrà di intendere il game design. Un’attività impegnativa ma anche divertente.

Oggi ho il piacere di ospitare Gilbert Gallo, autore di lunga data con tantissimi progetti pubblicati sia in italiano che in inglese.

Buongiorno a tutti, sono Gilbert e non gioco da tre ore… Fin da piccolo ho sempre pensato che la vita fosse un “grande gioco” e da allora non ho mai smesso di vedere il “lato ludico” di ogni situazione. Pensate un po’, ho cominciato a “giocare al dottore” a 6 anni e, seppur in modo diverso e con obiettivi differenti, continuo a farlo tutt’oggi che sono iscritto all’Ordine dei Medici. Sono un grande appassionato di videogames, librogames (quelli “originali” ce li ho quasi tutti), giochi da tavolo e larp. Il mio grande amore resta il gioco di ruolo “tabletop”, che per me rappresenta non solo un modo di giocare, ma anche un modo di vedere la vita e di affrontarla con spirito positivo.

Come tutti coloro che hanno una passione e si documentano su di essa, anche il mio modo di giocare e di fare design si è evoluto nel tempo. Ho fatto tesoro di tutte le esperienze ludiche del passato: quelle positive le ho portate nei miei progetti mentre quelle “negative” sono servite a farmi capire “in quale direzione è meglio non andare”. Il primo, indiscusso capolavoro è stato D&D “scatola rossa”: l’ho adorato come giocatore ma ho sempre cercato di essere “diverso” quando passavo dall’altra parte e scrivevo. Da sempre ritenevo che fosse “troppo semplicistico” e cercavo qualcosa che “mi desse di più” in quanto ad esperienza ludica e a personalizzazione del personaggio. Ecco perché cerco di dare molte opzioni per customizzare i personaggi nei miei giochi.

Il secondo amore della mia vita è stato il GiRSA/Rolemaster. Bellissimo perché dava quella “sensazione di customizzabilità” (rispetto a d&d) ed era davvero divertente tirare sulle “tabelle del critico” (un po’ alla “OK il prezzo è giusto, tutti gridavamo 100! 100! 100!). Tolkien è un grandissimo, ma secondo me il suo mondo è alquanto “noiosetto” da giocare, ragion per cui nei miei prodotti cerco di creare mondi “divertenti” (Darkmoor penso sia quello più divertente di tutti!). Poi fu la volta del d100 system della Chaosium. Davvero bello, giocammo anni di campagna in un mondo di Conan customizzato. Da allora, Howard ha sempre un posto speciale nel mio cuore. Da lui “spero” di aver appreso il dono della descrizione narrativa da manuale gdr: rapida, immersiva e sorprendente. Dopodiché passai al d&d 3.x, che tuttora ritengo un ottimo prodotto (pur non essendo un amante dei gdr ove i “livelli” la fanno da padrone). Ritengo che la edizione 3.x sia stato nella mia esperienza il primo prodotto che univa bene una grande customizzabilità del personaggio con una relativa semplicità del sistema. Ottima fonte di ispirazione. Parallelamente a questo “fantasy” ho giocato anni ed anni a Cyberpunk 2020. Ottima atmosfera, sistema di gioco migliorabile (e devo dire che curare l’edizione Italiana di Cyberpunk V3 per me è stato davvero un onore). Philip K. Dick (letto in lingua originale) è sicuramente un altro dei must per la mia ispirazione, soprattutto per quanto sono “cool” i personaggi. Adoro creare PNG “cool” e Dick è un’ottima fonte. Come potete constatare, moltissime delle mie fonti di ispirazione sono “old school”. Tuttavia, vorrei citare “Avventure in Prima serata”, che ho avuto il piacere di giocare. Davvero carino, mi ha fatto venire la voglia di creare un gdr sulle “serie tv”, che per ora non ho ancora concretizzato… Oltre a darmi ottimi spunti su come gestire “narrativamente” i conflitti e le meccaniche. Per quello che riguarda i colleghi autori di gdr, tutti loro mi hanno sempre aiutato e ispirato, per cui colgo l’occasione per ringraziarli tutti. Mi piace moltissimo confrontarmi e parlare di design con tutti loro. Ognuno di noi ha i suoi gusti e le sue preferenze, ma credo fermamente che la comunità Italiana di autori abbia un grandissimo potenziale che andrebbe sfruttato meglio se ci unissimo anziché andare ciascuno per la propria strada. Infine, vorrei cogliere questa occasione per ringraziare pubblicamente il mio “maestro” Umberto Pignatelli, che mi ha insegnato moltissimo non solo sul game design, ma anche su come proporsi al mercato internazionale.

Il “nucleo” del gioco è sicuramente quello sul quale “butto più sangue”, e per il principio “no pain, no gain” è sicuramente il momento di massima estasi creativa per me. Vedere un “motore di gioco” che funziona come vorrei per me è pari all’ “eureka” di Archimede. Subito dopo vengono le ideazioni dei “PNG” che danno vita al setting e delle loro “relazioni reciproche”. Ritengo che un setting sia fatto da png carismatici in grado di coinvolgere il giocatore nelle loro vicende e per questo adoro incontrare giocatori che mi citano frasi o situazioni del setting ove i miei png preferiti si muovono. La parte “meno divertente” è riempire ogni singolo dettaglio delle “schede dei personaggi/mostri”. Fosse per me, basterebbe il “concept” (es: vampiro seducente) assieme alle “abilità speciali” (es: Se beve succo di pomodoro, +2 al Carisma) e alla storia/background (fa parte del gruppo dei Mostriciattoli capeggiati da un tale Carletto). Ma purtroppo, per avere un setting completo, la gente vuole che compiliamo anche le schede per intero, e ci tocca farlo… Che noia!

Ritengo che il “filo conduttore” che lega tutte le mie opere possa essere definito “crescita personale ed evoluzione del gusto”. Dal primo GilDar in cui ero molto meccanicistico e “tabellare” a Darkmoor ove “il setting si crea da solo” c’è stata una vera e propria “evoluzione” del mio modo di fare game design e del mio gusto personale in fatto di gdr. Ho toccato vari generi: dal Dark Fantasy di GilDar al Fantasy Autoironico di Darkmoor. Il setting “mitologico classico” Mythos e il “mitologico urban fantasy” Olympus Inc. Dal Cyberpunk “V3” al CyberFantasy di “Warage”. Setting tipo “Pirati dei Caraibi” e “Wuxia”. Navigando fra così tanti generi diversi, ho mantenuto una rotta che mi ha fatto evolvere da un “meccanicismo tabellare” a delle regole “semplici ma personalizzabili”. Sono contentissimo dei prodotti che ho realizzato, l’unica cosa che non farei se potessi tornare indietro è affidarli alle case editrici sbagliate 😉

Innanzi tutto, ci tengo a sottolineare che sono un “autore puro”. Tranne una breve parentesi di “autoproduzione” (durante la quale ho capito che la vendita non fa per me) ho sempre curato unicamente lo sviluppo del gioco e non la vendita. Ragion per cui, non posso darvi dati certi sul mercato, ma solo “impressioni”. E la mia impressione è una sola: il mercato italiano è troppo piccolo per poter “sopportare” la marea di prodotti che ogni giorno si affacciano. Per questo motivo, fioriscono case editrici “fai da te” che sottopagano tutti coloro che lavorano al settore (autori, disegnatori, traduttori ecc.). Da molti anni sono “dall’altra parte” e in Italia finora ho visto molte più cose tristi che positive quando si parla di approcciare il gdr in modo “professionale”. Ripeto, conosco moltissimi autori/editor/disegnatori/traduttori in gamba, ma pochissime case editrici serie. Tutt’altra storia il mercato anglofono. Ti danno una chance anche se “non sei nessuno”, sono chiari e precisi e per loro non esiste il “lavorare gratis et amore dei”. E poi, c’è molta più gente la fuori che parla Inglese che Italiano. A voi le vostre conclusioni 😉

Consiglio a un novello game designer innanzi tutto di studiare. Studiare molto acquistando manuali di gdr e studiando i loro punti di forza. Seguire le conferenze dei grandi come Andrea Angiolino. E cominciare dal “basso”, con un’avventura. Infine, ma forse è la cosa più importante, trovare un “maestro” o un “collega” con cui iniziare assieme. Insieme è più bello e si cresce di più. Credo così tanto in questa affermazione che sono ben felice di “dare consigli” a chiunque me li chieda e vorrei proporre a Torre Nera di creare assieme qualcosa. Insieme si può 😉 Come dicono gli Albionici: Together we stand, divided we fall!

Nella creazione di un progetto di base, parto dal Concept. Dal concept deriva tutto il resto. Voglio fare un gioco alla “Pirati dei Caraibi”? O alla “Mad Max”? O sui viaggi nel tempo? Ci penso su, e alla fine opto per i “Pirati dei Caraibi”. Bene, mi servirà un “motore di gioco” che faccia sentire i giocatori dei veri Pirati e che li faccia sentire in un setting Voodoo/Fantasy. Per cui, il gioco sarà incentrato sulla “vita di mare” e non sulla “vita nel deserto” (per cui, regole sull’annegamento, sulle “mutilazioni e gambe di legno/bende”, cannoni, il codice dei pirati, tatuaggi, mappe ecc.) E non dimentichiamo il Voodoo! Rituali, pozioni orribili, non morti. Ora che so il concept, creo un regolamento che enfatizzi queste situazioni. La gente vuole sentirsi un pirata, non un nomade delle steppe, per cui molte regole sulle battaglie navali e quasi nessuna sul combattimento a cavallo. Una volta creato il motore, passo al setting vero e proprio. Sono i Caraibi veri o delle isole fantastiche? Quali sono le nazioni in gioco? E i protagonisti di ogni fazione? Stilo una storyline più dettagliata possibile e una geografia abbastanza accurata. Infine, unisco motore e setting, aggiustando i dettagli finali. Ultimo tocco: le parti narrative. Quelle vengono sempre alla fine, anche se magari ce le ho in mente dall’inizio 😉 Le parti “descrittive/narrative” le scrivo di getto. Quelle “regolistiche” le creo dapprima su carta sotto forma di appunti/schemi. Poi le testo e solo se vedo che funzionano le “metto per iscritto” sul pc. Ok siamo pronti per il test!

E ora qualche domanda più specifica per capire meglio l’autore Gilbert Gallo.

Progetti futuri?

A breve uscirà la prima espansione ufficiale di Olympus Inc in cui parleremo delle altre “corporazioni dei divini Olimpici” e di come cerchino di contrastare le ONG dei Titani. Se tutto va bene, a Play 2018 ci sarà anche un gdr ROCK (quantomeno in versione test), ma per ora non posso svelarvi altro. Con Acchiappasogni stiamo sviluppando il gdr di Sancta Sanctorum, urban fantasy Italiano ove i Santi lottano contro i Demoni. Abbiamo anche una demo del fumetto e un romanzo dal quale è partito tutto che sono entrambi in cerca di editore. Pian pianino, mi sto affacciando anche al mondo dei giochi da tavolo, ma su quell’ambito e su di almeno altri due progetti gdr preferisco mantenere uno scaramantico silenzio…

Scriveresti mai/hai scritto un campagna di gioco, cosa ne pensi del worldbuilding? È nelle tue corde o preferisci scrivere regolamenti e basta?

Eccome! Ho scritto parecchie campagne che poi ho fatto giocare anche in tornei nazionali come il Campionato Nazionale gdr (Ex Raven Cup). Mi piace molto il world building e credo sia un ottimo modo di “allenarsi” per la creazione di un manuale.

Cosa manca secondo nel mercato attuale del gdr?

Secondo il mio modestissimo parere, il tabletop rpg va sdoganato alle masse se si vuole davvero creare un “mercato”. La gente gioca ai videogames ma snobba i gdr. Solo se la gente inizierà a giocare ai gdr come gioca ai videogames si potrà davvero creare un “mercato”

Esistono temi che non porteresti mai in un tuo gioco. E temi che invece reputi fondamentali?

Ragazzi, è SOLO un gioco. Scusate se lo sottolineo, ma questa “menata” dei temi è di una tristezza unica e probabilmente importata dal “finto perbenismo” americano. Fino a che si rimane nel legale, ogni situazione dovrebbe essere consentita e gestita bene da giocatori adulti. Fermo restando questo, ritengo che le “tematiche” facciano parte come tutto il resto di un sistema finalizzato al divertimento dei giocatori. Sono un mezzo, mai un fine. Per intenderci, un gioco ove esiste la schiavitù non ha mai la finalità di far sentire i giocatori degli “schiavi”, bensì di utilizzare delle tematiche (la tratta degli schiavi, l’incatenamento, il valore della libertà) per far divertire i giocatori. La finalità è sempre il divertimento di tutti, e se certe tematiche possono essere offensive per chi è al tavolo, un bravo Master saprà evitarle. Tuttavia, nella mia mente di game designer certe tematiche servono solo a creare situazioni finalizzate al divertimento del gruppo.

Quando progetti la struttura di un gioco quanto la vedi manipolabile dal gruppo che poi giocherà?

Spingo sempre i giocatori a customizzare il gioco in base alle loro esigenze e magari darmi dei feedback che possono aiutarmi a migliorare il gioco.

Se dovessi scegliere un sistema in commercio su cui adattare il tuo prossimo progetto quale sceglieresti?

Vorrei tanto scrivere qualcosa per Fate o per d&d 5.0. Mi piacciono molto come sistemi e finora non ho ancora scritto nulla su di essi.

Che dire? Spero proprio che questa lunga chiacchierata vi abbia fatto conoscere meglio uno degli autori più prolifici che abbiamo in Italia e del suo modo di intendere il game design. Alla prossima!