GRV spiegato a mia nonna | La via vecchia per la nuova

Amo la continuità. O, per meglio dire, ho un brutto rapporto con la fine. L’idea che qualcosa di dilettevole debba giungere a conclusione mi irrita, perché vorrei averne di più. Quando finisco di leggere un romanzo spesso lo ricomincio subito, detesto anche solo pensare di non poterne leggere il seguito. Col tempo questo mi ha spinto sempre di più a preferire le sage ai romanzi autoconclusivi, le serie tv ai film. Per chi condivide questa mia deformazione mentale, il gioco di ruolo rasenta la perfezione. È una saga dal numero infinito di volumi, una serie tv che può durare un milione di stagioni.

Ma in che circostanze questo rischia di danneggiare il gioco stesso?

I Vampiri, come ho ripetuto ormai molte volte, sono liberi dai vincoli del tempo, il loro decadimento fisico s’interrompe ed hanno a disposizione l’eternità per ordire e complottare. Quasi. Col susseguirsi dei secoli vanno incontro alla degenerazione della mente a favore della Bestia, fatta di puro istinti depravati. Cessano di essere ciò che sono sempre stati, diventano dei mostri veri e propri senza più alcun barlume di umanità. La figura del Vampiro è la metafora di che cosa può diventare una Cronaca col passare degli anni.

In una realtà di gioco di ruolo dal vivo declinata a livello nazionale, la storia diviene l’intreccio di differenti realtà intersecate fra loro  ma profondamente distanti. Per quanto tutto si svolga entro un terreno comune, con obbietti comuni dal lato narrativo, il susseguirsi degli eventi segue una logica imprevedibile alla quale occorre far fronte, anche di questo abbiamo già parlato.

Sulla breve distanza la natura del gioco è facile da arginare, le storture possono essere sanate con relativamente poca fatica ed entro una certa misura è possibile condurre gli eventi quantomeno nella direzione sperata. Andando avanti, realtà fuori dal controllo narrativo emergono con sempre maggiore frequenza. Più i giocatori acquisiscono dimestichezza più forte diventa la loro volontà di lasciare il segno, di scrivere il racconto del proprio Personaggio.

È inevitabile, è giusto. È bello.

Al ripetersi di questo fenomeno diviene sempre più complesso tenere a freno quanto della realtà di gioco sfugge al controllo narrativo, le storture si moltiplicano e con essere le correzioni, di fatto cicatrici impossibili da ignorare. L’intreccio perde la propria armonia. si aggroviglia e si contorce, divenendo impossibile da districare per i registi e difficile da leggere per gli attori.

Che fare, allora?

Un mezzo utile e relativamente etico è l’evento esplosivo, il fulmine a ciel sereno, il martello degli dei che cala sulla terra. In gioco avviene qualcosa di talmente eclatante da catalizzare tutta l’attenzione dei giocatori, distogliendoli dalle proprie trame e ponendo in secondo piano tutte quelle micro realtà individuali che stavano finendo per danneggiare la cronaca. Una scelta in tal senso ha il vantaggio di affrontare di petto una situazione problematica dando al con tempo nuova energia a tutti i giocatori. Un nuovo nemico, una nuova minaccia, un nuovo terreno di conquista, questo genere di situazioni fanno gola ed alimentano il gioco, dando ai Narratori l’opportunità di fare un po’ di ordine.

L’efficacia di questo metodo è però limitata nel tempo. Se si ripete troppe volte si ottiene un effetto assuefazione, il colpo di scena cessa di catturare gli sguardi, alla fine diventa irrilevante e passa inosservato.

A quel punto, quando sono più la falle da tamponare del gioco che si riesce a creare, quando i Giocatori provano più interesse per il proprio gioco autogestito rispetto alla trama principale, allora è possibile pensare ad una soluzione più drastica.

Ricominciare.

Negli anni una cronaca diventa una creatura che vive di vita propria, che si autoalimenta. Lasciarla andare è difficile, ma proprio come accade per le saghe letterarie oppure le serie televisive, esiste un momento in cui tirarla per le lunghe non soltanto svilisce drasticamente la qualità del materiale prodotto ma finisce anche per rovinare il ricordo di quanto fatto sino a quel momento.

Chiudere una cronaca, anche soltanto per ripartire, è sempre un rischio. I Giocatori possono disaffezionarsi al gioco dopo aver rinunciato al Personaggio sul quale hanno speso molto tempo, oppure possono non gradire la nuova proposta. Reazioni del genere sono fisiologiche e comprensibili, per quanto tristi ed allarmanti. Anche per questo operare una scelta del genere deve avvenire nella massima consapevolezza dei rischi e dei vantaggi. Va ponderata con tutta l’attenzione del caso, come fa l’artificiere quando deve scegliere fra il filo rosso e quello verde.

Anche dopo tutto il ragionamento, rimane un salto nel buoi, una grande incognita. Spesso però è un salto necessario. Quando l’interesse scema, quando la trama langue, quando le idee cominciano a girare su sé stesse, dare un taglio è quanto di meglio si può fare tanto per i Giocatori quanto per la cronaca stessa.

Nel peggiore dei casi, rimarrà comunque un buon ricordo.

Questo segna la fine dell’articolo. Come sempre, se desiderate che venga trattato un argomento particolare o avete delle domande, sentitevi liberi d’inserirle nei commenti ed io cercherò di venirvi incontro al meglio delle mie (relative) capacità.

Per ora l’augurio di una Lunga Notte e, sino al nostro prossimo incontro, complottate con giudizio!


Edoardo Bressan
AVST Bologna
Observer Invictus
Gruppo Letterario Camarilla Italia
www.camarillaitalia.it