Salve a tutti! Eccoci ancora qui per allargare i nostri orizzonti sul mondo videoludico. Oggi abbiamo davanti ai nostri occhi un tema caldo, scottante, che turba l’animo dei videogiocatori; ma non solo. Si aggiunge al conflitto una seconda categoria; ovvero coloro che si nascondono dietro le mappe, i modelli, le stringhe di codice e i server costantemente in manutenzione: gli sviluppatori. Come si inseriscono i veri e propri “motori immobili” del gioco, all’interno di un reticolo incessante di discussioni, petizioni e lamentele?
Nel momento in cui i creatori e gli ideatori si impegnano per dare vita a un gioco, agiscono secondo la propria volontà in modo da realizzare un prodotto divertente, appassionante e, soprattutto, vendibile. Non voglio scendere nel campo dell’economia, ma specifico solo che quando un videogioco, come per ogni merce, viene messo sul mercato, il gioco della domanda e dell’offerta (che non si trova su steam o al gamestop) agisce in modo tale che se nessuno compra il prodotto per via della sua qualità, lo sviluppatore deve cambiare lavoro; altrimenti… beh, ben fatto! Dunque abbiamo una divinità-sviluppatore che agisce sul proprio videogioco, consapevole del rischio. Questo ha funzionato per tutto il periodo in cui, di un gioco appena comprato, si conosceva solo la casa produttrice, scritta in fondo alla custodia. Poi che cosa è successo?
Chi crea un videogioco, con la competizione sul mercato di oggi, deve farsi furbo. Infatti non basta più creare un gioco bello e intrigante, poiché il rischio rimane. Così gli sviluppatori, per aprire i propri prodotti a una gamma maggiore di consumatori, hanno iniziato ad aprire le orecchie verso le community che si stavano lentamente formando, pullulanti di giocatori accaniti, appassionati, ma soprattutto insoddisfatti. Da questo fenomeno nasce il culto degli sviluppatori, ovvero “l’arte del soddisfare”. Appena i fans scatenati hanno iniziato ad avere voce in capitolo, subito si sono mossi in massa per cambiare, modificare, adattare alle proprie esigenze l’opera digitale dei creatori. Il problema nasce, però, da un legame non ben stabilito, fra “fedeli” e “divinità”. Da quando è il gioco ad adattarsi ai giocatori per questioni di guadagno, i creatori agiscono secondo la volontà generale, sfornando un prodotto quasi sempre imcompleto, generico e a rischio fallimento, in caso non vengano soddisfatte appieno le richieste dell’audience. Questi ultimi si lamentano, protestano, creano petizioni e mettono i bastioni fra le ruote ai team di sviluppo che, nel frattempo, tentano invano di rimediare, penalizzando la qualità del gioco.
Si nota sempre più spesso questo fenomeno. È veramente utile inveire contro i lontani sviluppatori per le loro idee, quando la soluzione più semplice è investire i bigliettoni in qualcosa di più interessante? Questo mondo si mostra sempre più strano e particolare, dove si preferisce creare un gioco che soddisfi tutti, piuttosto che un gioco di alta qualità solido, piacevole e senza tante modifiche. La folla che prorompe in un NOOO o in un SIII alle conferenze è un chiaro sintomo di questo problema, che può anche risultare non preoccupante, ma che di certo non lascia spazio all’originalità! Voi che ne pensate? Fatemi sapere con fermento. Io vi saluto incoraggiandovi a diffidare degli dei pagani che popolano i forum e che promettono magnifiche patch e DLC in cambio del tintinnante denaro!